Festa della SANTISSIMA MADONNA DEL MONTE di Marta (VT): La storia, chi partecipa, il percorso (e non chiamatela “Barabbarata”…)
L’Italia è piena di feste popolari, è una delle caratteristiche che ci rendono un Paese unico al mondo. Fra le tante, quella della Festa della Santissima Madonna del Monte di Marta (Viterbo) è una delle più particolari. In questo caso, infatti, si ferma un intero paese e tutti i cittadini partecipano alla festa che li coinvolge per un anno intero. Chiamata anche “Festa delle Passate” o “Barabbata” (ma non chiamatela con questo nome davanti a un martano!), si svolge ogni 14 maggio in qualunque condizione. Ecco la sua storia e come funziona.
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LA STORIA DELLA FESTA DELLA SANTISSIMA MADONNA DEL MONTE
Le radici storiche di questa festività risalgono a prima del 1557 quando si ha la prima traccia di una festa simile in un verbale del Consiglio Comunale di Marta che testimonia l’esistenza consolidata già da qualche tempo di questa celebrazione. Secondo alcuni, questa festa potrebbe esser stata ispirata dalle solenni processioni istituite a Roma nel IX secolo da Papa Leone IV in occasione dell’Assunzione di Maria. Queste feste furono organizzate anche a Viterbo il 14 agosto in S. Maria Nuova con una grande processione con il clero in prima fila vestito da gran cerimonia. Inoltre partecipavano anche le autorità civili, le corporazioni d’arte e vari rappresentanti dei mestieri del tempo con tanto di insegne e un cero da una libbra da regalare alla Chiesa. Vi partecipavano i bifolchi della città a cavallo preceduti dai musici che giravano in processione sparando colpi di pistola.
Probabilmente i Martani si saranno ispirati a loro e hanno creato un rito molto simile per celebrare la Madonna del Monte. Le prime versioni della festa vedevano un corteo composto da varie categorie di partecipanti, tra cui soldati a piedi (a cavallo dal 1674) che controllavano il regolare svolgimento del corteo composto dai bifolchi (chi arava i campi e accudiva il bestiame), il clero locale, le autorità civili, una banda musicale, il tamburo e il popolo. Nel corso dei secoli, la festa si è arricchita di nuovi elementi, come l’inclusione dei pescatori nel 1608 e degli artigiani (muratori, falegnami, calzolai, fabbri) dopo il 1870.
Tuttavia, la storia della festa non è stata priva di controversie. Nel 1613, il clero della collegiata si rifiutò di partecipare ai Sacri Uffici insieme al Magistrato e al popolo a causa di una disputa riguardante l’indossare la “stola” da parte del parroco: era consuetudine che la indossasse, ma i frati Minimi che reggevano il santuario volevano impedirlo. La questione fu risolta solo nel 1626 e la stola fu proibita dalle autorità ecclesiastiche.
Nel 1704, una disputa per il possesso di alcuni terreni tra il vescovo della diocesi e i frati Minimi portò alla nascita delle “Passate” (i tre giri compiuti dai partecipanti al corteo con animali e attrezzi da lavoro) che poi furono proibite negli anni successivi a causa del disordine che provocavano, per essere riprese nel 1775 con modalità più rispettose del luogo sacro.
Nei primi decenni dell’800, la Festa assunse la forma con le quattro categorie e il tradizionale banchetto che si teneva in precedenza fu sostituito dalla ciambella all’anice che è considerata un “bis-cotto” perché viene cotto due volte, ciambella che viene prima lessata e poi infornata e offerta dal “Signore”.
Durante la Prima Guerra Mondiale, le Passate furono permesse solo a fine rito e gli artigiani furono esclusi dal corteo.
L’importante, comunque, è che con il passare dei secoli, la festa della Madonna del Monte abbia mantenuto la sua autenticità e il suo significato religioso, diventando un momento di profonda devozione e orgoglio per la comunità di Marta. La ciambella all’anice offerta dal “Signore” è diventata un simbolo tangibile di questa antica tradizione, che continua a riunire generazioni di fedeli in un’atmosfera di festa e spiritualità.
PERCHÉ LA CHIAMANO “BARABBATA”
È chiamata anche la “Barabbata”, ma non dagli abitanti di Marta, anzi, loro non amano che venga chiamata così. E si capisce anche perché. L’origine di questa curiosa denominazione risalirebbe dal nome di “Barabba”, coniata per riferirsi a una processione disordinata, richiamando l’immagine della processione in cui la folla inneggiava a Barabba invece che a Gesù nel famoso episodio del Vangelo. La festa è stata così chiamata in modo scherzoso dalle popolazioni limitrofe. Il tutto risalirebbe a un documento del lontano 1783 a opera di don Bernardino Morotti, il parroco di Capodimonte, borgo vicino a Marta, che lamentava alla Curia Vescovile i disordini causati da alcune processioni della Compagnia della Misericordia di Marta durante la Settimana Santa. Queste processioni, con lumi accesi, attiravano l’attenzione dei forestieri, che venivano quasi ad assistere a uno spettacolo, deridendo i partecipanti. Scrive il parroco che “producevano l’universale derisione particolarmente dei forestieri, che venivano a bella posta per vedere e deridere tali processioni, quasi che i Martani andassero a cercar Barabba”. E così il 4 aprile 1783, in seguito alle lamentele del parroco, le processioni vennero soppresse, ma ormai il termine “Barabbata” rimase impresso nella memoria collettiva.
Poi ci sono anche altre ipotesi che cercano di spiegare l’origine di questo epiteto. Una leggenda suggerisce che durante il Carnevale a Marta si svolgesse una sorta di gioco in cui un uomo si fingeva Barabba, nascondendosi nelle campagne mentre gli altri lo cercavano fino a scoprirlo e farlo prigioniero. Inoltre, c’è un’interpretazione mercantile del termine, derivante dal greco “barà” (carico, merce) e dal tedesco “bata” (prezzo, pegno), sottolineando l’aspetto mercantile della festa legato alla mostra e alla vendita di prodotti locali.
Ecco perché oggi gli abitanti di Marta preferiscono identificare la loro festa come “Festa delle Passate” o “Festa della Madonna Santissima del Monte”, cercando di allontanarsi dall’appellativo “Barabbata” che però è il modo in cui questa festa è conosciuta in tutta la Tuscia e nel resto d’Italia.
LE CATEGORIE DELLA FESTA
La caratteristica principale della Festa della Santissima Madonna del Monte è la processione dei “passanti” che sono divisi per categorie di mestieri: i Casenghi, i Bifolchi, i Villani e i Pescatori. Vediamo chi sono secondo l’ordine della processione:
• CASENGHI: Aprono il corteo. Erano coloro che avevano l’incarico di sorvegliare le tenute e le case dei proprietari terrieri. Sfilano a cavalli e il Signore dei Casenghi regge un palio azzurro con il monogramma mariano.
• BIFOLCHI: Erano coloro che lavoravano e aravano la terra con l’aratro a chiodo trainato dai buoi. Portano con loro gli attrezzi del loro mestiere, tra cui la concia, il giogo, la cerrata, le frocette (le nasiere che si mettevano nelle narici delle mucche), l’aratro e altri strumenti agricoli. Con loro c’è il Portaspese, su un asino con le bisacce, che è colui che portava i viveri nei campi durante i lavori agricoli. Con i Bifolchi ci sono anche i pastori che portano con loro anche pecore, agnelli e caprette. Il Signore dei Bifolchi regge un palio rosso con l’immagine dei buoi aggiogati all’aratro.
• VILLANI: È una categoria che raggruppa gli agricoltori impegnati in ogni fase della produzione agricola. Infatti sono suddivisi in diverse sottocategorie: i Sementerelli (i seminatori), le Vanghe (quelli che portano l’omonimo attrezzo), i Falciatori (quelli con le grandi falci da fieno, la fiasca e il corno di bue) e i Mietitori (quelli che portano la “gregna di grano, la falcetta, la fiasca e altro). Il Signore dei Bifolchi regge un palio rosso con l’immagine di un grappolo d’uva, un ramo di olivo e le spighe del grano.
• PESCATORI: Ovviamente sono i rappresentanti di categoria e portano in offerta i pesci del lago, disposti su carri e barche riprodotte in scala. Il Signore dei Pescatori regge un palio azzurro con l’immagine di una barca sul lago durante la pesca.
Dietro i Pescatori, due ceriferi (coloro che producono la cera) sfilano con due grandi Ceri che simboleggiano l’offerta delle categorie e della comunità alla Madonna del Monte. Il corteo è completato dai rappresentanti del Clero, con l’Officiante che porta la “Pace”, un’antica reliquia che sarà offerta al bacio dei partecipanti durante le Passate, e le Autorità Civili con i gonfaloni.
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