Cos’è il KAMUT, i benefici e perché se compri il KHORASAN è uguale
Domanda: Molti mi consigliano di mangiare cibi fatti con la farina di Kamut. Di cosa si tratta? Quali sono le proprietà?
Da qualche anno, soprattutto da quando si è diffuso il mercato biologico, sempre più persone acquistano e consumano prodotti a base di farina Kamut. Ne parlano in modo entusiasta, dicono che abbia un gusto particolare molto piacevole e che sia molto più digeribile rispetto al grano tradizionale. È scoppiato il boom del Kamut: pasta, crackers, biscotti, tantissimi prodotti con il grano Kamut.
Soprattutto danno per scontato che sia un tipo di grano chiamato Kamut, appunto. In realtà non è così.
IL VERO “GRANO KAMUT”
In realtà il grano è il Khorasan e Kamut è solo l’azienda canadese che ha reso questo grano famoso in tutto il mondo. Soprattutto in Italia visto che siamo il primo Paese importatore di farina Kamut. Kamut ha le sue aziende biologiche certificate principalmente nel Nord America dove produce il grano Khorasan che poi rivende in tutto il mondo con il suo marchio. Quindi, non è “grano Kamut” ma è “la versione dell’azienda Kamut del grano Khorasan”. Tutto qua. Il fatto che l’azienda Kamut sia diventata sinonimo del grano Khorasan è solo un’operazione di marketing e del fatto che sono stati i primi a puntarci. Nulla di illegale o strano, è solo una curiosità.
OLTRE KAMUT C’È IL VERO GRANO KHORASAN
Quindi abbiamo capito che dire “il grano Kamut” è come dire “l’aranciata Fanta”, ovvero un prodotto di una azienda specifica. In realtà il grano in questione è il Khorasan (triticum turanicum) e il suo nome deriva dalla zona dell’Iran dove fu descritto per la prima volta nel 1921. Nonostante l’Italia sia il primo importatore di grano Kamut al mondo, il Khorasan è diffusissimo in Italia dove è conosciuto con altri nomi, come Saragolla, Solina o Perciasacchi a seconda della zona.
Ha la caratteristica di avere un fusto alto (da 1 metro e mezzo a 2 metri) con una spiga lunga fino a 15 cm e un chicco a forma incurvata, “a banana”. Ha anche un colore un po’ più scuro di quello tradizionale. Queste caratteristiche sono importanti: il fusto alto lo protegge dalle erbe infestanti, è molto resistente, sopporta i fenomeni metereologici e ha una certa immunità dai parassiti. Insomma, il prodotto Bio per eccellenza.
I BENEFICI DEL KHORASAN
Sul sito di Kamut mostrano molti articoli sui benefici del grano Khorasan: benefici su pazienti affetti da Sindrome del Colon Irritabile, sulla steatosi epatica non alcolica (NAFLD), sul diabete ecc.
Sul sito SorgenteNatura si legge che il Khorasan è costituito al 70% da carboidrati e al 15% da proteine. È abbastanza calorico (340 per 100g) e contiene minerali come selenio, calcio, ferro, magnesio, zinco, manganese, potassio e fosforo. Poi ci sono vitamine del gruppo B (in particolare B1, B6, B3) e vitamina E.
L’effetto principale è che si tratta di un antiossidante e quindi grazie a selenio, fenoli e carotenoidi contrasta l’azione dannosa dei radicali liberi.
È altamente digeribile, è un’ottima fonte di minerali per rafforzare i denti e il tessuto osseo e per il sistema immunitario.
Con la vitamina E stimola le funzioni cardiache e aiuta il benessere cardiovascolare, la vitamina B3 aiuta il sistema nervoso e contribuisce ai processi di digestione delle proteine, dei grassi e dei carboidrati, alla circolazione sanguigna, alla respirazione cellulare e alla protezione della pelle.
Essendo ricco di protetine è molto energetico e infatti è consigliato anche per gli atleti così come a chi ha un intestino pigro grazie al forte apporto di fibre, in particolare nella versione integrale.
Inoltre è privo di colesterolo.
Contiene glutine e per questo è sconsigliato ai ciliaci. L’indice glicemico è pari a 45, la metà rispetto al grano tradizionale ma comunque è bene prima consultarsi con lo specialista.
E poi c’è il sapore che ricorda quello della frutta secca.
LA STORIA DI KAMUT
Per la precisione l’azienda Kamut non ha scritto da nessuna parte di aver inventato un tipo di grano, anzi. La sua storia è al limite della leggenda e narra che tutto nasce nel 1949 quando Earl Dedman, un aviatore americano di stanza in Portogallo, ricevette alcuni chicchi di grano da un uomo che affermava di averli presi da una tomba in Egitto. Dedman inviò 36 chicchi di questo grano a suo padre, Rube Dedman, un agricoltore vicino a Fort Benton, Montana, Stati Uniti. Tempo sei anni e Rube aveva prodotto 40 tonnellate di grano, chiamandolo “Grano di Re Tut”.
Qualche anno più tardi, nel 1977, Bob Quinn, un agricoltore di quelle parti, decise di puntare su questo grano per la coltivazione biologica e nel 1986 ottenne il suo primo raccolto certificato. Due anni più tardi arrivò la pasta prodotta dalla Royal-Angelus Macaroni e nel 1989 il pane prodotto dalla Oasis Breads. Nel 1990 fu registrato il marchio Kamut come garanzia che questo grano antico rimanesse non ibridato, non modificato e non-OGM, sempre coltivato secondo il metodo biologico.
C’è anche un film su tutta la storia:
Perché Kamut? Kamut significa “grano” in egiziano antico (dal dizionario “An Egyptian Hieroglyphic Dictionary” di E. A. Wallis Budge). Poiché tratta da una lingua morta e non essendo Kamut una parola di uso comune in altre lingue, fu possibile registrarla come marchio.
IL CASO DEL GLIFOSATO
Kamut ha sempre promosso il suo grano come certificato Bio ma in una puntata di Report è stata rivelata l’esistenza di un rapporto di FederBio secondo cui alcune forniture di grano Kamut contenessero dei valori di glifosato superiori a quelli consentiti in Italia. Il glifosato è un diserbante sistemico e viene definito “totale”, ovvero non in grado di agire in maniera selettiva contro ogni parassita. Il problema è che l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha catalogato il glifosato come un “probabile cancerogeno per l’uomo” (categoria 2A). Per capire, questa categoria viene utilizzata quando c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo, sufficiente evidenza nell’animale da esperimentoe forte evidenza che il meccanismo di cancerogenesi osservato negli animali valga anche per l’uomo.
Ora, i valori rivelati da Report sono comunque bassi (in Italia il limite è 0,01 e sono state trovate tracce per 0,013 in un caso e di 0,023 in un altro) e infatti il conduttore Sigfrido Ranucci ha spiegato spesso che non è un problema di salute, ma di certificazione Bio. Se c’è il glifosato non può essere Bio.
Forse non c’entra nulla, ma casualmente dopo la scoperta di FederBio alcune aziende hanno iniziato a non vendere più prodotti a base di Kamut o a togliere la parola “Bio” dalle confezioni.
L’azienda però nega tutto giurando di fare tutto il possibile affinché il suo grano sia sicuro. Un punto a favore dell’azienda Kamut è che ha risposto a tutte le domande del giornalista di Report, una cosa insolita e molto positiva visto che di solito le aziende su cui si concentrano le inchieste di Report negano ogni intervista.
Comunque, sul sito di Kamut ci sono tutta una serie di analisi e di articoli che tranquillizzano in questo senso.
Anzi, sul sito di Kamut ci sono anche delle ricette che si possono realizzare a casa.
QUINDI, KAMUT O KHORASAN?
In realtà è la stessa cosa, con una differenza: il primo è prodotto secondo i suoi standard e poi diffuso in tutto il mondo, il secondo è il grano puro. Il grano puro, però, commercialmente non esiste perché Kamut fa la stessa cosa che fa un’azienda locale italiana o straniera che produce la sua pasta a base di grano Khorasan. Né più né meno. Solo che Kamut è un fornitore straniero e il secondo è un fornitore italiano. Per fornitore intendiamo che coltiva il grano e poi lo trasforma in chicchi. Il lavoro di Kamut si ferma lì perché poi quei chicchi vengono trasformati in farina, pasta, pane ecc. dai molini e dalle industrie italiane.
Quindi, di chi fidarsi? Questo sta alla coscienza e al gusto personale. L’importante è sapere che, di base, una pasta Kamut e una pasta Khorasan sono la stessa cosa. E che entrambe hanno dei benefici sulla salute (a meno che non si abbiano dei problemi legati al consumo del grano e ai suoi effetti. In caso di disturbi è sempre bene parlarne prima con il proprio medico).
Foto: Gallila-Photo (Pixabay)
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