Guida alla POLITICA spiegata semplice. Smettila di farti guidare dai trucchetti e inizia a guidare tu!
Domanda: Una volta i politici erano rispettati, oggi non più. Perché? E perché una persona decide di fare politica? Cos’è veramente la politica?Fino a qualche decennio fa c’era un certo rispetto per il ruolo del politico che è sempre stato visto come il rappresentante del popolo nella stanza dei bottoni. Poi dallo scandalo di Tangentopoli e l’avvento dell’antipolitica degli ultimi anni, tutto si è ribaltato e i politici non sono più di visti di buon occhio. Per carità, loro sembrano impegnarsi a non farsi amare, ma il loro ruolo è importante perché dalle loro decisione dipende il nostro destino. Quindi, cerchiamo di capire cos’è davvero la politica perché oggi si è un po’ perso il riconoscimento per il ruolo.
Indice
COS’È LA POLITICA?
La parola “politica” deriva dal greco “polis”, città, ed è l’“Arte di governare le società”. Per il sociologo Max Weber la politica non è che l’aspirazione al potere e al monopolio legittimo dell’uso della forza; per David Easton essa è la distribuzione di valori imperativi (cioè di decisioni) nell’ambito di una comunità; per Giovanni Sartori la politica è la sfera delle decisioni collettive sovrane. In parole più semplici, la politica è l’attività di assumere decisioni per una collettività. Che poi questo finisca per assumere un potere immenso e che si potrebbe intrecciare con affari personali o affari loschi purtroppo può capitare. I politici sono esseri umani e l’essere umano, ahinoi, è corruttibile. Per fortuna, non è sempre così.
In questo caso non ragioniamo sui politici che prendono decisioni perché questo o quel gruppo economico o malavitoso gli ha ordinato di fare così. Un conto è “House of Cards” o “Suburra”, un altro è la realtà dei politici normali. Ragioniamo sul politico comune.
LA POLITICA NELLA STORIA
Tra il V e il IV secolo a.C. si afferma in Grecia la “retorica deliberativa” che prevedeva la possibilità di un oratore di convincere qualcun altro. Tra il V e il I secolo a.C., invece, è nel Foro romano che iniziano i primi politici a cercare di convincere il popolo per fargli assumere cariche pubbliche. Nel tempo si modifica, si perfeziona, passa attraverso lo studio di pensatori, di filosofi come Machiavelli o come Aristotele, Marx e tanti altri.
Di certo possiamo dire che negli ultimi secoli la politica ha vissuto delle accelerazioni. Dalle monarchie si è passati in fretta a Repubbliche mascherate (nel senso che a decidere erano comunque i sovrani) fino alle Repubbliche democratiche dove le decisioni erano prese da persone elette che però facevano parte di partiti ben distinti. Si è poi assistito alla nascita delle ideologie, dei regimi politici, dei partiti politici, dei politici di professione fino al passaggio, in Italia con la seconda Repubblica, dalla politica delle ideologie alla politica della comunicazione mediatica per cui è più importante il politico che il partito.
Un atteggiamento che ha anticipato altri settori: un esempio è il giornalismo dove oggi è più importante il giornalista del giornale e non viceversa come è stato per decenni.
CI VUOLE UN “FISICO BESTIALE”
Non è facile fare il politico. È opinione comune quella che guadagnino tanto per non fare niente. È vero che il guadagno è alto (a livello parlamentare o regionale, molto meno invece per i politici locali), ma va detto che di certo non si annoiano. Tralasciando quelli che si improvvisano tale e che fino a qualche mese prima facevano tutt’altro, in genere il politico di professione comincia da ragazzo con la partecipazione alle assemblee di partito, alle manifestazioni, alla preparazione di manifesti e cortei fino ad arrivare a mettere la politica davanti a tutto, affetti e lavoro compresi. Il mondo si divide in bianco o nero, in tutto, in base a ciò che ordina il partito. Guadagni? Nulli, al massimo qualche rimborso economico, ma soprattutto la consapevolezza di far parte di un gruppo che ha degli ideali “giusti”.Crescendo l’impegno aumenta e anche il tipo di rapporti interpersonali. Si comincia a ragionare per amicizie “utili”, in “quantità di voti” e così via. Si diventa buoni con chi ha voti o può finanziare la campagna elettorale e meno interessato agli altri. Comincia il gioco degli scambi: tu mi dai un tot numero di voti e io quando sarò eletto farò questo per te. Il tutto con l’intensificazione durante il periodo elettorale per cui la vita privata si annulla: cene, incontri, scambi, contatti, comizi, viaggi, scontri, strette di mano ecc.
Dalle 8 di mattina alle 2, 3 della notte fonda, se non di più. Ed è così per tutti i politici di professione o, quantomeno, di carriera.
Non esiste più una vera famiglia o una vita sociale come la intendiamo noi che facciamo lavori normali, il partito viene prima di tutto. O meglio, una volta valeva “il partito viene prima di tutto”, oggi conta l’elezione, poi con quale partito conta fino ad un certo punto. E questo lo vedremo più avanti.Non solo, ogni persona con cui si entra in contatto e ogni gesto che si compie va curato perché c’è sempre un nemico che vi controlla o che potrebbe tradire e questo non deve accadere. Oggi poi ci sono i social e quindi devono curare anche il modo in cui si raccontano direttamente (con l’uso di social media manager) o come vengono raccontati (da chi li tagga) 24 ore su 24. Da qui, la conseguenza di vivere con sospetto e sempre con un certo sorriso stampato sul volto e disponibilità h24. Oltre al fatto che devono inventarsi un comizio oggi giorno per le “stories” sui social e quindi avere opinioni precise su ogni tema (a questo servono gli staff).Per non parlare del post elezioni, una volta che si viene eletti. Tutti gli “amici” bussano cassa e quindi quotidianamente devono cercare di trovare il giusto compromesso tra le politiche del partito e le richieste di chi li ha votati. E spesso in campagna elettorale hanno detto sì anche a progetti obiettivamente irrealizzabili.
CAMBIO DI PARADIGMA: DAL PARTITO AL POLITICO
Una volta c’erano i grandi partiti, l’elettorato votava più o meno sempre gli stessi e tutti erano felici e contenti: il mondo era bianco e nero, c’erano le posizioni nette, distinte, ideologiche. Si votava un’idea, si votava il partito per cui il comunista votava il Partito Comunista a prescindere da chi fosse il candidato. Erano gli anni di Peppone e Don Camillo: comunisti contro democristiani. Era l’era del Sistema Proporzionale per cui l’elettore votava un partito non la persona, poi cosa faceva quel partito in Parlamento era un affare del partito, non dell’elettore. Il risultato erano le coalizioni tipo il cosiddetto “pentapartito” degli anni ‘80 dove una volta eletti i politici facevano alleanze a piacimento senza troppo curarsi del “mandato elettorale”. Il popolo votava quel partito, poi il partito faceva quello che voleva.Agli inizi degli anni ’90 è arrivato il terremoto di “Tangentopoli” e l’avvento di Silvio Berlusconi che ha portato il sistema Maggioritario ed ha cambiato tutto. L’Italia si è ulteriormente spaccata in due blocchi: o si è di qua o si è di là. Anche prima c’erano sinistra contro destra o contro i democristiani, ma erano partiti in contrasto, ora il passaggio è sulla persona: non era importante l’ideologia, dal 1994 in Italia è stato “pro Berlusconi” o “contro Berlusconi”. Una politica “ad personam” che abbiamo importato dagli Stati Uniti dove ci sono sì due grandi partiti, ma alla fine si vota il candidato. O si è con Trump o si è contro Trump, a prescindere dal partito.
Berlusconi ha rivoluzionato la politica: le vecchie categorie politiche sono state soppiantate dai “partiti personali”. E così, ecco i millemila partitini creati al volo e poi morti. Chi si ricorda dell’Udeur? E dell’Italia dei Valori? E della Margherita? Partiti nati e durati qualche anno e poi spariti appena sono spariti i loro leader: nello specifico, Mastella, Di Pietro e Rutelli.È la nascita della “politica del make up” basata sulla cultura della persona, la divisione “io sono meglio di te perché tu sei peggio” (e non perché io sono effettivamente meglio), la politica spettacolo ecc. In due parole: quella che è stata definita la “Repubblica delle Veline”.Il “Berlusconismo”, come è stato chiamato, va oltre Silvio Berlusconi e oggi lo vediamo bene: più che i partiti si conoscono i politici. Conosciamo tutti Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza, Matteo Renzi, ma se i loro partiti si chiamassero Lega, Partito Democratico oppure “Partito A” o “Partito B” sarebbe la stessa cosa. Il massimo esempio è Giuseppe Conte: non ha un partito dietro (o forse sì) eppure per anni è stato il politico numero 1 in Italia.
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